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VOLONTARIATO DI COMPETENZA

Terzjus pubblica un report di analisi e individuazione di strategie per valorizzare una pratica sociale emergente.

 

lunedì 25 marzo 2024

La Fondazione Terzjus, Osservatorio del diritto del Terzo Settore, ha di recente promosso e realizzato una ricerca sul Volontariato di Competenza, una pratica sociale che sta rapidamente diffondendosi nelle imprese, sia in Italia che all’estero.

 

Sono in sostanza i dirigenti apicali o i responsabili di compagnie di medie e grandi dimensioni a dare la possibilità ai propri dipendenti di cimentarsi durante l’orario di lavoro in attività a forte valenza solidaristica. L’obiettivo di queste forme più o meno strutturate di volontariato, in cui manager ed esecutivi mettono il proprio know how al servizio della comunità, è tanto quello di rafforzare la fedeltà aziendale
del personale, quanto di manifestare l’adesione al paradigma della sostenibilità (più attenzione all’ambiente, alla comunità e ai lavoratori), che sembra mietere consensi crescenti nella business community a livello globale.

 

Tra i risultati più rilevanti della prima annualità di indagine vi sono i seguenti:

  • dal racconto dei volontari si capisce che si tratta di esperienze che lasciano una traccia profonda nel vissuto di chi le compie: l’immersione in contesti fortemente disagiati crea un cortocircuito che modifica convinzioni, atteggiamenti e abitudini consolidate in lavoratori con un’identità professionale piuttosto salda;
  • il trasferimento di abilità e conoscenze non è mai ad una via in questo genere di volontariato: se da un lato, il volontario-dipendente mette la sua professionalità a disposizione del terzo settore (o degli stessi portatori di bisogni); dall’altro acquisisce nuovi stimoli e stili di lavoro, imparando in particolare a coltivare l’ascolto attivo e il pensiero laterale (per trovare soluzioni controintuitive a problemi complessi); in tal senso vi è sempre un interscambio di competenze in questo tipo di impegno solidale;

pur nella varietà dei modi con cui viene praticato nelle imprese, il Volontariato di Competenza sembra assumere quattro forme distinte: 1) volontariato d’emergenza, l’impresa si mobilita sul piano collettivo per tamponare o risolvere un’emergenza con interventi mirati (un esempio è Roche che ha mobilitato una folta schiera di dipendenti durante il lockdown del 2020); 2) volontariato professionalizzante, ovvero lo sviluppo del potenziale di giovani quadri o esecutivi mandati “in trincea” in contesti marginali e pericolosi, dove possono maturare doti di leadership e di problem solving utili per la carriera; 3) volontariato educativo, ossia attività a sostegno di bambini e ragazzi che vivono situazioni di disagio scolastico o di vera e propria povertà educativa; 4) volontariato di consulenza, assistenza tecnica agli operatori di Aps, Odv e imprese sociali (in settori quali il marketing, la rendicontazione, la compliance organizzativa, la transizione ecologica, ecc.); 

  • dai dirigenti delle aziende che hanno partecipato all’indagine emerge che il Volontariato di Competenza è una promettente pista di lavoro, sebbene non sia ancora entrato definitivamente nei piani strategici di queste società; i manager si stanno in particolare interrogando su diverse questioni: come migliorare i rapporti di collaborazione con gli Enti del Terzo Settore (ETS) nei programmi di volontariato aziendale, in che modo riconoscere tali attività nei sistemi premianti delle risorse umane e nella cultura aziendale (strategie, relazioni, routine, valori, significati); quali strumenti di accreditamento sociale e incentivi fiscali potrebbero spingere le imprese ad investire di più su questa forma di volontariato.

 

Nella presente ricerca si è tentato di fare un passo in avanti nella comprensione di un fenomeno assai rilevante dal punto di vista economico e sociale, adottando diversi strumenti d’indagine per colmare la scarsa conoscenza che si ha su molteplici aspetti di questa forma di volontariato. 


Il Volontariato di Competenza non viene svolto nel “vuoto sociale”, di solito trova un terreno privilegiato d’azione negli ETS, che fungono da intermediari o da destinatari dell’attività volontaria prestata dai dipendenti dell’impresa. Nell’una come nell’altra circostanza le aspettative delle ApS, OdV e imprese sociali sono cruciali, in quanto da esse dipende la buona riuscita di un programma di volontariato.

 

 

Un’altra questione dirimente sulla quale è necessario ancora far luce è rappresentata dai contesti che possono condizionare lo sviluppo del Volontariato di Competenza. Sono infatti variegati gli ambienti organizzativi nei quali questo tipo di volontariato può prendere forma (Manager per il sociale, associazione di dipendenti e pensionati, programma di volontariato aziendale).


Un ultimo tema posto al centro dell’indagine è legato agli incentivi e agli strumenti che possono incoraggiare le imprese a coinvolgere i propri dipendenti in attività a carattere sociale. Il Volontariato di Competenza sembra crescere in modo spontaneo nell’economia, ossia per volontà di singole aziende che decidono di puntare su questa forma di coinvolgimento sociale dei dipendenti per raggiungere diversi obiettivi: sviluppare le soft skills nei giovani più promettenti, rinvigorire i legami cooperativi sul lavoro, rendere più profonda l’adesione dei dipendenti alla mission organizzativa, aumentare la reputazione sociale del brand aziendale, ecc.

 

Le misure di policy dovrebbero assecondare questo processo, come in parte è già accaduto. L’articolo 100 del Tuir consente infatti ai datori di lavoro di dedurre fino al 5 per mille delle spese sostenute laddove i propri dipendenti prestino servizi gratuiti a favore degli ETS. La
valenza di questa norma non va vista solo in termini di vantaggio economico, quanto piuttosto in termini di legittimazione sociale del Volontariato di Competenza.

 

In breve, il Legislatore con tale dispositivo fiscale ha riconosciuto che le imprese possano perseguire finalità di utilità collettiva, accanto alle ordinarie attività di natura commerciale. Questa “inerenza circolare” è un principio che va ben oltre l’attuazione di un singolo articolo del codice tributario, potendo essere un domani traslata a tutte quelle attività d’impresa che sono orientate al “bene comune” e non alla redditività economica. 

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