Il Giardinone è una cooperativa sociale che nel 2025 compirà trent’anni. Tre decenni di lavoro sul campo, con servizi di manutenzione del verde, pulizie, gestione di cimiteri, e con un modello economico inizialmente fondato per il 70-80% su commesse pubbliche. Un modello classico, ma con una visione che ha saputo evolversi con i tempi.
Nel 2015 qualcosa cambia. Si comincia a parlare seriamente di economia circolare. In Europa prende piede il concetto di Blue Economy, e due grandi realtà industriali – Lavazza e Novamont – cercano un’impresa sociale nel milanese per mettere in pratica una ricerca innovativa del Politecnico di Torino: far crescere funghi dai fondi di caffè esausti.
A quei tempi non esisteva ancora la normativa “End of Waste”, che oggi permette di reintrodurre certi rifiuti nel ciclo produttivo. Ma noi, al Giardinone, avevamo già lavorato con Novamont su un progetto pilota di compostaggio alla Cascina Cuccagna di Milano. Quella piccola esperienza si è rivelata preziosa: ci ha insegnato che i rifiuti, se guardati con occhi diversi, possono diventare risorse.
Abbiamo colto l’occasione. Lavazza ci ha sostenuti con una prima sponsorizzazione, e per la prima volta ci siamo trovati a collaborare con una multinazionale. Per una cooperativa abituata a vendere servizi a comuni e consorzi, non è stato un passaggio semplice. Significava parlare un nuovo linguaggio, entrare in mondi fatti di marketing, innovazione, certificazioni, regolamenti ancora inesistenti.
Durante Expo 2015, siamo partiti con un progetto pilota: raccolta dei fondi di caffè, certificazioni sanitarie, prime prove di coltivazione di funghi. Abbiamo parlato con istituzioni, con la Città Metropolitana, con la Regione. E anche se i permessi all’epoca erano poco più che “un pezzo di carta da formaggio”, come diciamo con affetto, siamo andati avanti.
Questa esperienza ha trasformato il Giardinone. Non solo come impresa, ma nella propria identità. Non eravamo più solo una realtà che si occupava di servizi esterni. Eravamo diventati un laboratorio di innovazione sociale, capace di rigenerare scarti e persone, capace di immaginare prodotti sostenibili e modelli di economia inclusiva.
Perché i fondi di caffè non erano solo un rifiuto da recuperare: erano un simbolo. Il simbolo di tutto ciò che può sembrare “scarto” ma che, se trattato con cura, può generare valore, lavoro, bellezza.
Oggi il Giardinone è una cooperativa che continua a creare opportunità di inserimento lavorativo per persone fragili, ma che lo fa con uno sguardo rivolto al futuro: un futuro verde, circolare, sostenibile.
Abbiamo imparato che per parlare con i grandi bisogna cambiare linguaggio, ma senza perdere la nostra anima. Che la sostenibilità non è solo una moda, ma un impegno quotidiano, fatto di mani sporche, scelte coraggiose e una buona dose di creatività.
E se un fondo di caffè può diventare un fungo prelibato, allora sì: anche gli scarti possono avere un futuro.